L’intesa attività diplomatica di questi giorni, soprattutto da parte americana (lo stesso Presidente Biden potrebbe sbarcare in Israele già domani, tra misure di sicurezza probabilmente mai viste), lascia spazio alla speranza di un contenimento del conflitto. Contenerlo in un ambito regionale significherebbe, evidentemente, che la reazione di Gerusalemme, per quanto violenta, non supererebbe la soglia oltre la quale difficile sarebbe non scatenare la risposta del mondo arabo. Questo è l’obiettivo del “tour de force” del Segretario di Stato Usa Antony Blinken, impegnato a “preparare la strada” al proprio Presidente.
Questa è la lettura o, per lo meno, la speranza che hanno i mercati. E ben sappiamo come i “mercati” vedano “lungo”.
L’assenza di turbolenza è confermato dall’indice Vix (che misura la volatilità), che anche ieri non ha dato segni di nervosismo. Certamente, come dimostra l’attentato di Bruxelles di ieri sera, a complicare le cose potrebbe essere il ritorno del terrorismo, che però, al momento, sembra frutto di azioni individuali e non di piani mirati (che richiedono, come ben sappiamo, tempi più lunghi e non sono così semplici da preparare, in un momento in cui le misure di sicurezza sono ovunque ai massimi livelli).
Rimane il fatto che, al di là dei numeri, probabilmente siamo di fronte, per quell’area, ad un cambiamento epocale, che porterà ad una revisione profonda di equilibri, in questi anni, peraltro molto precari, a cominciare dalla Striscia di Gaza. Ma anche per lo stesso Stato di Israele, con Netanyahu che, una volta superato il tragico momento, sarà probabilmente messo per l’ennesima volta in discussione, ritenuto da molti, non solo da chi sta all’opposizione, come principale responsabile di quanto avvenuto (va ricordato che 50 anni fa, all’epoca dell’attacco del 7 ottobre 1973, fu tra i principali accusatori dell’allora Primo Ministro Golda Meyr, rea di non aver saputo prevedere l’attacco militare portato dall’Egitto e dalla Siria).
Ieri, intanto, il nostro Governo ha approvato la manovra finanziaria che sarà inviata a Bruxelles, con la Commissione Europea che avrà tempo sino al prossimo 21 novembre per esprimere il suo giudizio.
La manovra sarà da € 24 MD, di cui € 16 MD saranno in deficit: per il suo finanziamento, quindi, si dovrà ricorrere a nuovo debito. E questo, in partenza, in tutta evidenza non è un messaggio così positivo per chi sarà chiamato a giudicarci: ben sappiamo quanto sia stretto il “crinale” su cui ci stiamo muovendo, con un debito/PIL che nei prossimi anni non si “schioderà” dal 140%. In altre parole, gli “spazi di manovra” sembrano veramente limitati: è sufficiente un piccolo incidente di percorso per far “saltare il banco” (senza andare troppo lontano, basta guardare a quanto ha detto, in questi giorni, la stessa Banca d’Italia, secondo cui il PIL, l’anno prossimo, non dovrebbe andare oltre lo 0,8%, quando, da parte governativa, di contro, le stime parlano di un + 1,2%: sono 4 decimali in più, ma che valgono il 50% delle previsioni della nostra Banca centrale).
Relativamente agli altri € 8 MD, le coperture dovrebbero derivare da “rimodulazioni” di spesa, già prevista per il 2024 ma anticipata al 2023, e dalla “spending review” più volte ricordata (o meglio, “minacciata”) dal Ministro dell’Economia, con i vari Ministeri che saranno chiamati a tagli pari a circa il 5%.
Ad una prima lettura, al di là dei numeri, l’aspetto forse più evidente è che non si tratta di misure “strutturali”, destinate ad avere ritorni anche per gli anni futuri, quanto, piuttosto, di interventi “estemporanei”, mirati a “recuperare risorse” per consentire, a loro volta, interventi che potrebbe avere il respiro di un anno (vedi, per esempio, il tanto chiacchierato cuneo fiscale o, ancora, l’accorpamento delle prime 2 aliquote Irpef, oppure anche l’estensione, per quanto riguarda le pensioni, di quota 103, tutti provvedimenti che dovrebbero durare solo per l’esercizio 2024). Insomma, una serie di punti che non aiutano a “puntellare” la nuova Legge di bilancio, mettendone, anzi, in evidenza i lati deboli. Il tutto mentre, bene ricordarlo, sono in corso discussioni, in seno alla Commissione, a riguardo della nuova entrata in vigore del Patto di stabilità, per il quale i vari Stati membri stanno cercando un accordo che sembra meno semplice di quanto si pensasse (forse non a caso ieri Janet Yellen, segretaria al Tesoro Usa, ha ritenuto di dire “la sua”, che poi vuol dire il pensiero dell’Amministrazione Usa, spingendo per il ritorno del Patto).
Questa mattina le piazze finanziarie del Pacifico confermano le chiusure positive di ieri sera a Wall Street, dove il Nasdaq ha toccato il + 1,18% mentre il Dow Jones è arrivato al + 0,93%.
A Tokyo il Nikkei sale dell’1,20%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng recupera lo 0,75%. Più staccata Shanghai, a + 0,26%.
Kospi di Seul + 1% circa.
Futures al momento frazionalmente deboli, con cali tra lo 0,10 e lo 0,20%.
Leggero ritracciamento per il petrolio, con il WTI che tratta a $ 86,71.
Gas naturale Usa a $ 3.121, stabile.
Oro a $ 1.930, – 0,60%.
Spread che apre la giornata a 200 bp.
BTP a 4,75%.
Bund 2,78%.
Treasury a 4,74%, con UBS che si “sbilancia”, fornendo previsioni di un ritorno sotto il 4%, sin verso il 3,50%, per la metà del prossimo anno.
€/$ sui livelli di ieri, a 1,0538.
Bitcoin che, seppur debole, si conferma sopra i $ 28.000 (28.192).
Ps: e quindi, per una volta, a prevalere sembra essere il buon senso. La pista da bob, a Cortina, non si farà. Le gare olimpiche, molto probabilmente, potrebbero svolgersi a St. Moritz, non così lontana da Livigno, dove si svolgeranno alcune gare, e sede di un impianto tra i più belli al mondo. Un risparmio di circa € 140 ML per la costruzione dell’impianto, senza contare quello energetico per il raffreddamento del ghiaccio. Per non parlare, poi, della salvaguardia dell’ambiente, con centinaia di alberi che rischiavano di essere tagliati. Certo, dobbiamo chiedere “asilo sportivo”, ma per una volta il gioco (o i giochi) non valeva la candela…